Città metropolitana, Pd a caccia di poltrone e l'immobilismo a destra | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Città metropolitana, la corsa ai posti di comando del Pd e lo strano silenzio della destra

area-metroDa una parte il Pd che lavora, neanche troppo sotto traccia, per accaparrarsi la poltrona di vicesindaco della Città metropolitana di Roma. Dall’altra un centrodestra diviso e confuso, che non ha ancora pronunciato una parola sul voto del prossimo 5 ottobre, che chiuderà la stagione della Provincia. In mezzo l’inquilino del Campidoglio, Ignazio Marino, non troppo entusiasta di guidare una macro area di 121 Comuni, che si limita agli adempimenti burocratici come la convocazione delle urne. Senza dimenticare i primi cittadini dell’hinterland in un melting pot di idee: da chi chiede un’unione di amministrazioni locali per garantire i servizi a chi invece ne fa una questione politica e vorrebbe unire i dissidenti per evitare di soccombere al romanocentrismo.

Il vero nodo della riforma voluta dal premier Matteo Renzi, e firmata dal sottosegretario Graziano Delrio, quello su competenze e risorse, non è ancora entrato nel dibattito. Questo a due settimane dalla presentazione delle liste per i 24 posti della nuova assise, per cui possono correre tutti gli eletti in carica. Potenzialmente un esercito di candidati, ma a poco più di un mese dall’apertura delle urne nessuno sembra preoccuparsene. Così il confronto è monopolio del Pd, che organizza anche eventi sul tema. Come quello tra Marino e il suo collega di Fiumicino, Esterino Montino. Per l’ex vicegovernatore, ai tempi di Marrazzo alla Regione Lazio, fa il tifo il partito democratico regionale. Ma mentre il sindaco della Capitale discuteva con lui delle nuove opportunità, sempre però dimenticando di citare chi farà cosa, i democrat romani lavoravano per convincere il chirurgo-dem a scegliere Gianni Paris, eletto in aula Giulio Cesare, come suo vice e braccio destro nel nuovo consiglio metropolitano.

Pressing e strategie all’ombra del cupolone per i posti di comando. Fuori dal raccordo a storcere il naso è il senatore Bruno Astorre. Per il parlamentare la vera partita si giocherà dopo il 5 ottobre. Dal lunedì successivo al voto, infatti, si inizierà a discutere dello statuto, lasciando intatte le competenze dei Comuni. Ma poi si sbilancia e scopre le sue carte: il vicepresidente deve essere un sindaco al secondo mandato. Cancellato dalla sua lista Montino, restano in pole i nomi di Mauro Alessandri da Monterotondo, Fausto Servadio guida di Velletri e Crescenzo Pallotta, primo cittadino di Lasispoli. Non manca invece la proposta choc dall’area dei Castelli romani: 17 città che ballano da sole. Proprio per questo l’idea è di una Unione di Comuni, che sorga dalle ceneri della Comunità montana. Il suggerimento arriva da Ariccia, con il sindaco Emilio Ciafanelli che punta a essere un interlocutore dell’Area metropolitana e avere il ruolo di ‘erogatore di servizi’.

A far rumore però è soprattutto il silenzio del centrodestra: di tutti  i partiti nati dall’implosione del Pdl nessuna ha voglia o interesse per intervenire nel dibattito. Nessun commento: dalla Regione al Comune, tutti zitti. Ncd, Forza Italia, FdI, La Destra: neanche un esponente di peso ha provato a contrastare gli avversari della sinistra. A suonare la sveglia ci prova un sindaco dei Castelli Romani: è Marco De Carolis che ha lanciato l’idea di una fronda delle amministrazioni dell’hinterland per respingere la potenziale invasione di Roma. L’appello a superare gli steccati ideologici, per difendere gli interessi dei propri cittadini, è stato raccolto da una decina di Comuni. Mentre il dibattito sembra non interessare tutti gli altri colleghi di area. “Voglio lanciare un appello – dice il primo cittadino di MonteComaptri, DeCarolis – affinché si intervenga nel dibattito per evitare che le scelte sulla Città metropolitana siano caratterizzate da una visione romanocentrica monopolizzata dal Pd”.

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