Il business di mafia capitale sui nomadi: 25 milioni per 'l'emergenza rom' | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Il business di mafia capitale sui nomadi: 25 milioni per ‘l’emergenza rom’

Soldi, un fiume di soldi. Non sempre giustificato e non sempre arrivato ai veri destinatari, a chi, nomadi, immigrati, detenuti ne aveva diritto. È uno degli spaccati che emerge dalle maglie dell’inchiesta sulla cupola affaristica che in un intreccio politico-mafioso sta facendo tremare palazzi e poltrone. Una cupola che aveva tra i suoi interessi anche il business del sociale. Nel 2013 a Roma vennero spesi quasi 25 milioni per la gestione dei nomadi, «un fiume incontrollato di denaro pubblico che confluisce nel sistema campi», numeri citati dall’associazione 21 Luglio che lo scorso giugno presentò in Campidoglio un dossier chiamato non a caso ‘Campi Nomadi Spà. Presente, tra gli altri, il presidente della commissione capitolina Diritti, il radicale Riccardo Magi (Lista Civica Marino) che oggi rivendica quelle cifre e rilancia: «È complicato fare una stima dei soldi spesi per l’accoglienza immigrati a Roma, perchè ci sono diversi circuiti, tra statali e comunali, ma sarebbe interessante approfondire eventuali connessioni tra i disordini avvenuti contro il centro di accoglienza di Tor Sapienza e il business intorno a questi servizi che starebbe emergendo dall’inchiesta». Sempre rimanendo in tema di nomadi, negli 8 campi presenti a Roma, ad esempio, secondo l’associazione operano 35 enti pubblici e privati che impiegano 400 persone: «Dei 24.108.406 euro spesi dal Comune di Roma nel 2013 per affrontare la questione Rom (8 mila persone di cui più della metà bambini) l’86,4% è stato utilizzato per la gestione dei campi e per la vigilanza e sicurezza al loro interno; il 13,2% è stato rivolto ad interventi di scolarizzazione e solo lo 0,4% del totale al l’inclusione sociale dei Rom». Il presidente della 21 Luglio Carlo Stasolla, durante la presentazione del dossier spiegò: «Parliamo di un sistema campi nomadi perchè si tratta dell’istituzionalizzazione di un sistema da 20 anni a Roma che causa segregazione. Sono spazi in cui vengono violati i diritti umani in cui si spende tantissimo». E proprio di business e di fatturato parla in una eloquente intercettazione l’imprenditore arrestato ieri, gestore di una serie di cooperative, Salvatore Buzzi. «Noi quest’anno abbiamo chiuso … con quaranta milioni di fatturato ma tutti i soldi… gli utili li abbiamo fatti sui zingari, sull’emergenza alloggiativa e sugli immigrati, tutti gli altri settori finiscono a zero», dice intercettato dai carabinieri del Ros. Ma i soldi arrivavano anche dai centri di accoglienza per gli immigrati dove, «una grande mano» alla Cupola la dava Luca Odevaine «orientando le scelte del Tavolo di Coordinamento Nazionale sull’accoglienza per i richiedenti e titolari di protezione internazionale al fine di creare le condizioni per gestire i flussi degli immigrati». Che tradotto voleva dire: creazione di centri. Altri proventi poi arrivavano ai progetti per i detenuti come la realizzazione di una mensa per le detenute a Rebibbia, «una cosa buona» la definisce Carminati. E redditizia. E secondo Filippo Miraglia, vicepresidente nazionale dell’Arci, il dito va puntato «sulle periodiche ‘emergenze procuratè in tema d’accoglienza». Una emergenza che alimenta «un vero e proprio business dell’accoglienza» e provoca spreco di denaro pubblico.

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