Attentato in Tunisia, viaggio da incubo per una coppia di ebrei romani | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

Attentato in Tunisia, viaggio da incubo per una coppia di ebrei romani

«Via, via, tutti fuori, tutti fuori». Le grida delle forze speciali, gli spari, la corsa per uscire dal museo. E poi, marito e moglie che si ritrovano lontani, senza notizie l’uno dell’altra – lui in ospedale, lei in un bunker – per un tempo che sembra infinito, in una città preda del caos. Si è trasformata in pochi istanti in un incubo la vacanza a Tunisi di una coppia di ebrei romani. Fortunatamente senza gravi conseguenze se non nella sensazione spaventosa, quella di essere sotto attacco, che difficilmente potranno lasciarsi alle spalle tornando a casa. Alberto e Anna Di Porto, 71 anni lui, sulla sessantina lei, erano scesi dalla nave Costa al porto di Tunisi per una visita alla città e al suo museo del Bardo. L’attacco dei terroristi è uno choc. Grida, spari, gente che corre, panico. Arriva l’intervento delle forze di sicurezza, Anna e Alberto sono nel gruppo che la polizia riesce a salvare. Ma tra loro e la libertà c’è ancora un muretto da superare, e velocemente. Lei ce la fa, ma lui no, inciampa, cade, si fa male. Lo caricano in ambulanza, lo portano in ospedale per essere medicato, e anche per accertarsi del suo stato di salute. Anna nel frattempo viene condotta in tutta fretta, assieme agli altri scampati all’assalto, in un bunker, finalmente al sicuro. Ma dov’è finito Alberto? Anna non lo sa. Trova un telefono, probabilmente prestato dalle autorità tunisine. La sua preoccupazione è rassicurare i figli che sono in Italia, dove intanto continuano ad arrivare le immagini, le notizie, la conta dei morti e dei feriti. «Ho sentito mia madre, era impaurita» racconterà Daniela, che vive a Roma e che segue minuto per minuto gli sviluppi concitati della vicenda. I Di Porto – racconta chi li conosce – sono una classica famiglia attaccata alle tradizioni ebraiche romane. L’altro figlio, Ariel, rabbino a Roma, si è trasferito a Torino da qualche tempo, dove è diventato rabbino capo della Comunità ebraica locale. «Mio padre l’hanno portato in ospedale – afferma – non so ancora quale». Intanto arrivano notizie da Tunisi, frammentarie ma rassicuranti. Stanno bene. Stanno cercando di ricongiungerli. «Adesso ogni mio sforzo è di riportarli al più presto a casa» dice il figlio Ariel. Sembra però che circoli anche l’ipotesi di riportare i crocieristi sulla nave e riprendere la traversata. Con che spirito è arduo immaginarlo.

email

Bisogna effettuare il login per inviare un commento Login