Accusato di omicidio, si impicca a Regina Coeli: altro suicidio in cella in poche ore | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Accusato di omicidio, si impicca a Regina Coeli: altro suicidio in cella in poche ore

Il giovane era in isolamento nella settima sezione, la stessa in cui era detenuto il presunto killer del gioielliere, e le modalità del suicidio sarebbe del tutto simili a quelle di Caiazza

– Un altro detenuto è stato trovato impiccato stasera nel carcere romano di Regina Coeli, dopo il presunto killer del gioielliere ucciso nel quartiere romano di Prati. Si tratta di un romeno di 18 anni arrestato a fine aprile dai carabinieri del Nucleo investigativo di via In Selci, insieme a un connazionale, con l’accusa di aver ucciso nella Pineta Sacchetti il truccatore dei vip Mario Pegoretti, massacrato di botte per 50 euro e un orologio del valore di appena 150 euro. L’allarme è scattato intorno alle 21. All’arrivo dell’ambulanza del 118 per il giovane non c’era più nulla da fare. Secondo quanto si è appreso, era in isolamento nella settima sezione, la stessa in cui era detenuto il presunto killer del gioielliere, e le modalità del suicidio sarebbe del tutto simili a quelle di Ludovico Caiazza. La morte dello straniero è la seconda in 24 ore nel carcere romano dopo quella di Caiazza, il presunto omicida del gioielliere Giancarlo Nocchia. Il pregiudicato 32enne di origini napoletane era stato trovato, infatti, impiccato con un lenzuolo nella tarda serata di ieri dagli agenti della polizia penitenziaria durante un controllo dei detenuti del reparto grande sorveglianza. Inutili i soccorsi anche per Caiazza, che era stato fermato sabato dai carabinieri su un treno all’altezza di Latina, dopo quattro giorni di ricerche. Il presunto assassino dell’orafo 70enne aveva precedenti per rapina, reati legati alla droga e anche un’accusa di violenza sessuale dalla quale fu assolto. Nelle ore di detenzione nel carcere romano Caiazza, a chi lo aveva visto come lo psicologo, era apparso «agitato e preoccupato». «Non volevo ucciderlo, non pensavo che quella coltellata avesse potuto ammazzarlo», avrebbe ripetuto disperato.- È stato trovato senza vita l’altro ieri sera, con il lenzuolo annodato al collo. A nulla sono valsi i tentativi di salvarlo da parte degli agenti della penitenziaria. Ludovico Caiazza, il presunto killer del gioielliere ucciso sei giorni fa nel quartiere romano di Prati, si è suicidato nella sua cella, dove era stato rinchiuso da solo «per tutelarlo», come spiega il capo del Dap, Santi Consolo. Si è ucciso dopo avere detto, disperato, «non volevo uccidere quell’uomo». Ora ad indagare sul suicidio sono sia il Dipartimento che la Procura di Roma che oggi ha inviato i carabinieri in carcere per i rilievi del caso. Poche ore dopo, Regina Coeli conta un altro suicidio: quello di un 18enne romeno accusato, con un connazionale, di un altro delitto efferato: quello del truccatore dei vip Mario Pegoretti, massacrato di botte nella Pineta Sacchetti per 50 euro e un orologio del valore di appena 150 euro. Un altro delitto che aveva suscitato l’indignazione di molti. A 32 anni la «carriera» da pregiudicato di Caiazza contava numerosi arresti per traffico di stupefacenti e rapine. In un caso fu anche incriminato di stupro, accusa dalla quale fu poi assolto. Una vita in bilico, da tossicodipendente, da «volto noto alle forze dell’ordine», finita nell’ennesima cella dell’ennesimo carcere, questa volta quello romano di Regina Coeli, non molto distante da dove ha ucciso un gioielliere per mettere a segno il suo ultimo colpo. Non pensava che quella coltellata alla coscia avrebbe ammazzato quell’uomo e così ieri sera, a ventiquattro ore dalla sua cattura, ha deciso di farla finita. «Doveva fare la stessa fine», dicono alcuni degli amici del gioielliere durante i funerali nella chiesa di San Gioacchino, nel cuore di Prati. Lacrime e commozione hanno accompagnato oggi il feretro di Giancarlo Nocchia, pianto nel giorno in cui il suo presunto killer ha deciso di uccidersi. Sulla sua bara una rosa rossa ed un gagliardetto della Roma, la sua squadra del cuore. «Una persona che si uccide per non pagare la pena che gli toccava dopo aver avuto il coraggio di commettere un omicidio mi lascia indifferente», un altro dei commenti degli amici del gioielliere. Le indagini del Dap e della Procura dovranno ora ricostruire con esattezza quanto accaduto, chi era presente in quella sezione e cosa abbia spinto Caiazza a togliersi la vita. Per questo domani il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, incontrerà il capo del Dap «per chiarimenti sulle dinamiche della vicenda e per fare delle valutazioni più precise». E per questo nelle prossime ora la Procura ascolterà chi ha visto e parlato con Caiazza prima che decidesse di farla finita: presumibilmente i due agenti penitenziari, preposti ai controlli, e la psicologa del carcere. Il suicidio sarebbe avvenuto nei sette minuti che intercorrono tra una conta e l’altra in una cella della settima sezione, quella dei «nuovi giunti». Caiazza nel pomeriggio avrebbe anche incontrato la psicologa la quale avrebbe riscontrato un «forte stato di agitazione». «Siamo addolorati e increduli – il commento di alcuni parenti del presunto omicida -. Da lui non ci saremmo mai aspettati nulla di simile». Il suicidio di ieri ha innescato la polemica sulla situazione delle carceri, ed in particolare su quella di Regina Coeli, dove a presidiare la sezione dove Caiazza si è tolto la vita c’erano solo due agenti. «Routine – commenta l’ex Garante dei Detenuti del Lazio, Angiolo Marroni -. Teniamo conto che la polizia penitenziaria è ovunque in sotto organico». A rincarare la dose è la Cgil che parla di un organico al di sotto di 250 unità rispetto a quanto previsto nel carcere di Regina Coeli. «Ciò che è accaduto è drammatico – si legge in una nota – ma l’intero sistema di gestione della mobilità del personale va assolutamente rivisto: servono poliziotti nelle carceri, serve maggiore trasparenza, attenzione e investimenti adeguati». Il secondo suicidio, ieri sera, ha ulteriormente esacerbato gli animi. Il sindacato della polizia penitenziaria Osapp riferisce che di guardia, stavolta, c’era un solo agente. «Il ministro della Giustizia Orlando – ha detto subito dopo il segretario generale Leo Beneduci – ha convocato per il pomeriggio di oggi, 21 luglio, i sindacati per riferire le risultanze degli Stati generali dell’esecuzione penale, un’iniziativa avviata dal ministero per un confronto sulle carceri tra tutti i soggetti coinvolti. Ma noi, come Osapp, non ci saremo, perchè riteniamo che sotto Orlando si sia indebolito e impoverito il Dap e la polizia penitenziaria».

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