Mafia capitale, la difesa di Zingaretti: "Mai raccolto fondi per la campagna di Marino e zero soldi per il palazzo della Provincia" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Mafia capitale, la difesa di Zingaretti: “Mai raccolto fondi per la campagna di Marino e zero soldi per il palazzo della Provincia”

Il governatore della Regione Lazio nega anche i patti con Gramazio e Storace per la gara Recup e aggiunge: "Il signor Buzzi si contraddice, vuole passare per persona vessata"

Mai accordi con l’opposizione per spartirsi i lotti delle gare d’appalto. Mai presi soldi per la vicenda del nuovo palazzo della Provincia. Mai promossa una raccolta fondi per la campagna elettorale di Ignazio Marino. Nicola Zingaretti sceglie l’Aula del Consiglio regionale («era doveroso») per replicare, punto su punto, alle indiscrezioni diffuse dai media sugli interrogatori di Salvatore Buzzi, nelle quali il presunto boss di Mafia Capitale, dal carcere, coinvolgerebbe ai livelli più alti l’ente regionale. «Buzzi – ha detto il governatore – vuole passare per una persona vessata dalla politica, vuole sottrarsi dall’accusa di associazione mafiosa. Chi è accusato, ora accusa. Ha il diritto di mentire sulle proprie responsabilità, ma non può calunniare terzi». Dunque presto, annuncia il governatore, gli sarà recapitata una querela. E sul «rischio di impraticabilità del campo» da lui amaramente denunciato nei giorni scorsi rispetto alla pesantezza del clima, chiarisce: «Non voglio sottrarmi a nulla, ma vedo concretamente il rischio di un perenne stillicidio non motivato dalle indagini ma spesso dall’uso distorto che se ne fa». Una relazione che però non soddisfa affatto l’opposizione di centrodestra: Zingaretti chiarisca se a queste condizioni può andare avanti. Anzi, taglia corto il M5s: si dimetta. Zingaretti parte ribadendo le sue posizioni sull’annosa questione del palazzo della Provincia dell’Eur («fu spending review, mai ricevuto alcun beneficio personale, materiale, economico e politico da quella scelta, e anche la Corte dei conti archiviò l’istruttoria») ma è sulla parte potenzialmente più scabrosa delle ricostruzioni di Buzzi, quella sui presunti «accordi spartitori» prima con Francesco Storace de La Destra, poi con Luca Gramazio di FI (arrestato nell’inchiesta) per la gara del Cup regionale che Zingaretti usa i toni più sferzanti: «È falso nel modo più assoluto – afferma – non sono stati mai né proposti, né ipotizzati, né accettati». E anche sul presunto ruolo nella vicenda Cup di Maurizio Venafro – il suo ex capo di gabinetto che, indagato, ha rassegnato le dimissioni – è lo stesso Buzzi, sostiene il presidente, a cadere in contraddizione, come «prova in modo plateale una intercettazione». Insomma: Buzzi, per Zingaretti, non appare credibile, le sue argomentazioni sono «fragili» e l’«intento è calunniatorio». «Io – la replica del capogruppo de La Destra Francesco Storace – spero che le cose sul Cup siano vere, ma sono molto amareggiato da questa storia, perché la ricostruzione è molto grave». Il governatore – che Storace paragona ad Alice e a Comunardo Niccolai, passato alla storia per gli autogol «è ormai prigioniero di un’inchiesta che coinvolge anche la Regione Lazio. Il gioco sta finendo». Dovrebbe anzi essere già finito per Giuseppe Cangemi di Ncd e per il M5s: «Noi ci aspettavamo – ha affermato la capogruppo pentastellata Valentina Corrado – che il presidente scendesse nei dettagli di quanto emerge dall’ interrogatorio. Se lui è estraneo ai fatti, e non sa quello che combinano i suoi fiduciari, deve dimettersi». «Come opposizione – il commento del capogruppo FI Antonello Aurigemma – siamo pronti al nostro ruolo con equilibrio, ma Zingaretti deve dirci cosa intende fare. Fino ad allora si continuerà a navigare a vista, ed è inaccettabile».

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