Casamonica, Gabrielli: "Errori, non conniventi". Il Pd chiede l'audizione del prefetto, i vigili: "Noi per evitare tilt del traffico" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Casamonica, Gabrielli: “Errori, non conniventi”. Il Pd chiede l’audizione del prefetto, i vigili: “Noi per evitare tilt del traffico”

«È accaduta una cosa grave», sono stati fatti errori ma Roma «non è connivente». Lo dice a Famiglia Cristiana il Prefetto della Capitale, Franco Gabrielli, ammettendo inefficienze e lacune dell’apparato di sicurezza, ma anche lamentando un’eccessiva amplificazione mediatica per il caso del funerale di Casamonica. Gabrielli difende Roma: «Non è corretto parlare di una criticità riferita al luogo». «Dico che è accaduta una cosa grave. Stigmatizzabile. Non doveva accadere. E invece è accaduta», è il primo commento di Gabrielli. Ci sono stati degli errori e «tre sono le cause», dice Gabrielli nell’intervista al giornale dei Paolini nel quale commenta quanto accaduto durante i funerali di Casamonica. «Il funerale è stato celebrato in un quartiere diverso da quello di appartenenza del boss. Il periodo ferragostano ha generato un allentamento delle difese immunitarie anche in campo sociale. Infine, ed è una nostra mancanza, l’apparato di sicurezza non ha saputo cogliere i giusti segnali di quel che sarebbe successo». «Solo il Questore poteva dare prescrizioni sulla cerimonia, qualora ci fossero stati i presupposti di legge. Ma nè sul tavolo del Questore nè sul mio – riferisce Gabrielli – è arrivata nessuna segnalazione in tempo utile. E qui sta il problema. In una società perennemente connessa non c’è stata la necessaria tempestività di informazione». Quanto all’elicottero dal quale sono stati lanciati petali di rosa, «era un velivolo ultraleggero. Sorvolava una zona della città non soggetta a restrizioni. Comunque sono in corso accertamenti per verificare la correttezza del sorvolo». Ma alla domanda del giornalista, se Roma in tutto questo sia stata connivente, Gabrielli risponde: «No. C’è stata più amplificazione mediatica che partecipazione di popolo. Non si può parlare di criticità del luogo. Sicilia, Calabria e Campania, terre che conosco e amo, hanno un’altra storia in quanto a radicamento del sistema mafioso. Storia dalla quale per altro si stanno affrancando con intelligenza e vigore, sviluppando gli opportuni anticorpi sociali, di legalità e anche religiosi».

Il prefetto di Roma Franco Gabrielli ha chiesto chiarimenti sul funerale di Vittorio Casamonica a questura, carabinieri, vigili urbani e Campidoglio, secondo quanto si apprende. La richiesta è stata inviata formalmente con una serie di lettere. Una volta raccolti tutti gli elementi su quanto accaduto ieri Gabrielli invierà una relazione al ministro dell’Interno Alfano, nel più breve tempo possibile data la rilevanza della vicenda. Fonti della prefettura rilevano che in altre parti d’Italia funerali simili sono stati vietati.I vigili sono intervenuti per «garantire la circolazione in quel quadrante della città che stava andando in tilt». A riferirlo fonti della polizia municipale di Roma in merito all’intervento di ieri in occasione dei funerali ‘show’ di Vittorio Casamonica, esponente dell’ omonimo clan. Secondo quanto si è appreso, la prima segnalazione sarebbe arrivata intorno alle 9.30 perchè il corteo funebre, composto da carrozza trainata da cavalli e decine di auto, avrebbe completamente bloccato via Tuscolana. Sul posto è intervenuta una prima pattuglia del gruppo di zona e poi sono arrivati i ‘rinforzì. «In trent’anni di servizio non avevo mai visto una cosa del genere» commenta un vigile. Il corteo avrebbe percorso diversi chilometri: dall’abitazione del defunto in zona Romanina a Cinecittà. «Abbiamo fatto in modo di far mantenere la destra – racconta – per far defluire il traffico. Il rischio era che andasse completamente in tilt la circolazione nell’intero quadrante della città. Sono state perciò predisposte chiusure e deviazioni».- Il corteo funebre di Vittorio Casamonica era costituito «da un carro con cavalli, nove furgoni con corone di fiori e almeno 250 auto». Lo si apprende dal comandante della Polizia Municipale di Roma Capitale Raffaele Clemente che, in una lunga nota, spiega come i vigili siano intervenuti solo per garantire la sicurezza del traffico. «Ieri mattina alle 10.00 il gruppo Tuscolano – spiega – ha ricevuto la comunicazione di un grande ingorgo sulla via Tuscolana, fuori dal raccordo anulare ma in direzione centro città. A quel punto la sala operativa ha inviato una pattuglia per verificare le ragioni del blocco della circolazione. Gli agenti intervenuti hanno scoperto, in quel momento, che l’intralcio era dovuto alla presenza di un corteo funebre costituito da un carro con cavalli, nove furgoni con corone di fiori e almeno 250 auto. Tutte al seguito del carro. Ciò avveniva all’altezza dello svincolo tra la via Tuscolana e il raccordo anulare».«Per impedire che il blocco del traffico si estendesse anche al raccordo – sostiene Clemente – i vigili hanno fatto accostare il corteo e regolato il tratto di carreggiata per far defluire la circolazione che nel frattempo si era intasata alle spalle della processione. Lo stesso corteo è stato quindi allontanato dalla via Tuscolana per evitare che si creassero ulteriori disagi in una zona della città densamente abitata e trafficata, facendolo transitare per piazza Quinto Curzio. Contemporaneamente, sono intervenute altre tre pattuglie in piazza don Bosco per impedire che le numerose auto che nel frattempo erano già convenute per la cerimonia funebre, bloccassero la circolazione e le linee di trasporto pubblico». Pertanto – sottolinea il Comandante – l’attività della Polizia Locale di Roma Capitale nella vicenda del funerale di Vittorio Casamonica si è limitata alla sola garanzia della sicurezza della circolazione. «In questo frangente, insieme ad Ama, gli agenti si sono preoccupati di sollecitare la pulizia della sede stradale ingombrata dai fiori lanciati dai partecipanti al corteo, che potevano mettere a repentaglio l’incolumità dei cittadini, specie di quanti si muovono sulle due ruote. Tutte queste informazioni sono contenute in una nota al prefetto di Roma, Franco Gabrielli, – conclude Clemente – nell’ambito di una inchiesta che lui stesso ha attivato presso tutte le Forze di Polizia».

«È opportuno che la Commissione parlamentare antimafia, nell’ambito delle proprie competenze, assuma le necessarie iniziative al fine di fare chiarezza su quanto è accaduto. La presidente Rosy Bindi disponga, pertanto, l’immediata audizione del Prefetto di Roma dott. Franco Gabrielli in modo da consentire alla Commissione di prevenire in tempi rapidi a proprie determinazioni». Lo chiedono i componenti Pd dell’Antimafia Vincenza Bruno Bossio e Ernesto Magorno. – «La celebrazione del funerale del boss Casamonica è, da un lato – sostengono i deputati dem – la inconfutabile dimostrazione che a Roma la mafia esiste e dall’altro la certificazione delle gravi sottovalutazioni sulla presenza del fenomeno criminale nella capitale. Sottovalutazioni generali che tendono a ricondurre la presenza della criminalità organizzata solo negli insediamenti di quei territori che storicamente sono stati considerati ad alta densità mafiosa. L’evento-show della mafia di Roma lancia un grave allarme: la pervasività delle mafie su scala globale, a partire dal livello nazionale, è cresciuta in maniera inversamente proporzionale alla mancata capacità delle relative società a sviluppare efficaci anticorpi di contrasto». A questo proposito, aggiungono, «non è fuori luogo un inciso: sarebbe ora che si valutasse lo svolgimento del fenomeno mafioso, in particolare in relazione ad alcune regioni meridionali, non soltanto per capire e conoscere la genesi e lo sviluppo dei modelli organizzativi criminali ma anche per comprendere ed apprezzare il coraggio e la forza di quelle comunità che quotidianamente ed in maniera molecolare sono messe alla prova nel respingere ed ostacolare i tentativi di dominio, controllo e sottomissione che il potere mafioso punta ad esercitare su quei territori. Gli avamposti più attivi in quelle realtà sono anche e soprattutto le rappresentanze istituzionali laiche ed ecclesiali. Significativi sono i recenti pronunciamenti e gli atti ad essi consequenziali dei vescovi calabresi. L’esperienza della Chiesa calabrese, è stata probabilmente significativa nella determinazione della scomunica che Papa Francesco ha rivolto verso i mafiosi. In Calabria, oggi, non sarebbe tollerato un parroco ‘ignarò. È auspicabile che la Chiesa romana assuma tempestivamente le giuste e necessarie determinazioni. Parimenti non possono restare inevase e non accertate le responsabilità che, senza dubbio, si registrano a carico di chi, nei diversi organi dello Stato, è preposto alla sicurezza ed all’ordine pubblico. È opportuno che la stessa Commissione parlamentare antimafia, nell’ambito delle proprie competenze, assuma le necessarie iniziative al fine di fare chiarezza su quanto è accaduto». Chiedendo l’audizione del prefetto di Roma, Bruno Bossio e Magorno sostengono che «sarebbe grave se lo Stato dimostrasse impotenza. Non si può consentire che alla fine, rimanga senza conseguenze il rumore assordante dello scalpitio dei cavalli, dei Suv, delle Rolls Royce, dell’elicottero e delle note de »Il Padrino« che si mescolava alle urla inneggianti della folla convenuta a rendere omaggio al »Re di Roma«».«I funerali per Vittorio Casamonica realizzano il peggiore tra gli scenari da incubo narrati da Giancarlo De Cataldo nei suoi libri Romanzo criminale e Suburra». Lo affermano in una nota congiunta Lucrezia Ricchiuti, Donatella Albano e Davide Mattiello parlamentari del Partito democratico e componenti della Commissione antimafia. «La folla ignorante e aggressiva che rivendica un’appartenenza mafiosa, incompatibile con la convivenza civile, è un segno di offesa ai milioni di romani e di italiani che tra difficoltà economiche e disservizi amministrativi si affannano per arrivare alla fine del mese», proseguono Ricchiuti, Albano e Mattiello. «La politica è drammaticamente in ritardo, colpevolmente in ritardo. Con un alleato come il NCD che preferisce assicurare pelosamente garanzie ridicole che si risolvono fatalmente in favori per malviventi di ogni genere, fuori e dentro il Parlamento, la maggioranza e il governo non sanno parlare il chiaro linguaggio della legalità e della »tolleranza zero« contro mafia e corruzione, che il Presidente Mattarella ha definito, giustamente, priorità assolute fin dal suo discorso d’insediamento», sottolineano i tre esponenti del Pd. «Anche la Cei – concludono – deve fare un indifferibile esame di coscienza: l’indignazione verso una politica insipiente non può poggiare su una doppia morale. Anche il funerale faraonico a un mafioso è un insulto a Dio».

– Riguardo alle polemiche sul funerale di Vittorio Casamonica «nessuno parla del perchè a quel funerale fossero presenti persone che avrebbero dovuto piuttosto trovarsi in carcere. Nessuno si interroga su un apparato normativo spesso inadeguato, sui numerosi interventi che lo hanno compromesso e indebolito nel tempo, tra svuota carceri, indulti, attenuazione delle pene, riti e misure premiali». È quanto afferma in una nota Lorena La Spina, segretario dell’Associazione funzionari di polizia. «Sembra proprio – aggiunge La Spina – che cercare teste da tagliare e capri espiatori da immolare sia lo sport preferito da molti. Come sempre, si tenta di scaricare il comprensibile imbarazzo per un avvenimento dai contorni decisamente grotteschi, sull’anello più debole della catena: le Forze dell’ordine ed i possibili difetti di una comunicazione che avrebbe, invece, dovuto evitarlo. E come sempre le spiegazioni richieste saranno fornite, con l’obiettivo di migliorare ciò che ancora richiede di essere migliorato». «Tuttavia, non ci sembra servissero i funerali di Casamonica – rileva La Spina – per accorgersi che la mafia esiste. A Roma. Non solo a Roma. Non solo nel sud Italia. Per una volta, invece, sarebbe importante interrogarsi sui difetti del ‘sistemà e non solo su quelli della comunicazione tra le Forze di Polizia. Su quanto lo Stato ha inderogabilmente il dovere di fare, per evitare che il diuturno lavoro della magistratura e delle Forze dell’ordine finisca troppo spesso per essere vanificato. Più che la volgare e riprovevole ostentazione del lutto, dovrebbe invece colpirci il senso di sostanziale e profonda impunità da cui essa è scaturita».

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