Per il funerale show la carrozza di Totò, Casamonica: "Scuse solo al Papa". Ma il parroco: "Lo rifarei" | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Per il funerale show la carrozza di Totò, Casamonica: “Scuse solo al Papa”. Ma il parroco: “Lo rifarei”

– Un corteo funebre degno di un ‘rè che ha sfilato per diversi chilometri ieri mattina alla periferia di Roma prima di raggiungere la chiesa di Don Bosco dove si è celebrato l’ultimo saluto a Vittorio Casamonica, esponente dell’omonimo clan. Ad aprirlo una carrozza antica trainata da sei cavalli, che accompagnò anche il feretro del celebre Totò, a seguire nove furgoni con corone di fiori e oltre 200 auto. Una ‘processionè partita dall’abitazione del 65enne in zona Romanina e che durante il tragitto ha mandato letteralmente in tilt il traffico sulla Tuscolana e fatto scattare l’intervento delle pattuglie della polizia municipale per regolare la viabilità. «In trent’anni di servizio non avevo mai visto una cosa del genere» ha confessato un vigile dalla lunga esperienza. Ma la scelta della carrozza nel giorno dell’ultimo saluto non è una novità. E se alcuni funerali sono finiti agli onori delle cronache come nel caso di un capo della comunità nomade di Udine morto diversi anni fa, di un ragazzo rom ucciso a Ivrea o del divieto dell’allora questore di Roma al corteo funebre del figlio di un presunto boss morto in un incidente stradale, il fenomeno pare sia molto più diffuso. «Abbiamo circa 300 richieste l’anno per l’affitto delle carrozze con cavalli da tutta Italia» spiega Ciro Cesarano, uno dei titolari dell’agenzia di onoranze funebri di Calvizzano, in provincia di Napoli, proprietaria della carrozza usato ieri mattina. «Prevalentemente le richiedono in Campania, ma le abbiamo portate anche in diverse città italiane: da Foggia, a Pescara a Verona. Siamo stati a Roma varie volte, anche una decina di giorni fa per le esequie di un ragazzo morto in un incidente stradale. Noi siamo in contatto con le agenzie funebri del posto perciò non sappiamo neanche chi sia il defunto». L’affitto, spiega, è in media di circa duemila euro ma può variare in base ai chilometri, al numero di cavalli e al modello della carrozza. «Quella di ieri – aggiunge Cesarano – è la stessa del funerale di Totò e dell’attore Enzo Cannavale». E intanto non si placano le polemiche attorno al funerale ‘show’ di Vittorio Casamonica. A finire nell’occhio del ciclone anche la polizia municipale ‘accusatà di aver ‘scortatò il corteo funebre. Il comandante del Corpo Raffaele Clemente ha però sottolineato: «L’attività della polizia locale di Roma Capitale si è limitata alla sola garanzia della sicurezza della circolazione» e ha aggiunto che tutte «le informazioni sono contenute in una nota al prefetto di Roma, Franco Gabrielli, nell’ambito di una inchiesta che lui stesso ha attivato presso tutte le Forze di Polizia».

Per loro rimane «il Re di Roma». Nessun messaggio ‘mafiosò lanciato in quelle parole. Nessun errore, nessuna stranezza in quell’ultimo saluto fatto di una sfarzosa carrozza, cavalli e petali piovuti dal cielo. E soprattutto nulla di cui scusarsi. Al massimo, se dovranno essere fatte delle scuse, queste sono solo per il Papa e il Vaticano. Nel day after del funerale show i Casamonica fanno quadrato per difendere il nome dello scomparso Vittorio e della famiglia. E il nipote Luciano si rivolge direttamente al ministro dell’Interno Angelino Alfano: «Non siamo mafiosi». Non ci stanno ad essere etichettati come criminali. Non vogliono che zio Vittorio sia ricordato come un ‘boss’. Insomma non capiscono cosa possa aver dato fastidio del loro modo di dire addio ad una persona cara che non c’è più. «Se io faccio un matrimonio e prendo la Rolls Royce non è che c’è la mafia – dice Luciano Casamonica parlando proprio davanti la basilica di San Giovanni Bosco – Noi Casamonica abbiamo sempre fatto le feste alla grande, da quando siamo qui a Roma. Signor Alfano non siamo mafiosi, non siamo persone cattive». La musica del Padrino? «Piaceva tanto a Vittorio…». I cartelli con la scritta ‘Re di Romà? «Nel gergo nostro, nella nostra cultura significa che per noi è un re, il nostro re di Roma. Non era un boss, era conosciutissimo perchè lui comprava e vendeva auto» si affretta a spiegare Luciano che aggiunge: «Ma a chi abbiamo dato fastidio? È la nostra cultura. Mafia? È tutta un’altra cosa, Vittorio era una bravissima persona. Noi sapevamo che doveva morire e abbiamo fatto di tutto per accontentarlo: gli piacevano tanto le feste non volevamo fare una cosa di pianto. È usanza, sono anni che quando muore uno dei nostri vecchi si usano le carrozze e i cavalli». «Noi possiamo chiedere scusa al Papa e al Vaticano forse solo per aver messo una canzone che magari non andava bene» dicono alcuni parenti riferendosi appunto alla colonna sonora del film Il Padrino suonata ieri da una banda durante il funerale. Uno di loro mostra i suoi tatuaggi: uno raffigura la Madonna, l’altro un crocifisso. E ci tiene a precisare: «Io sono un cristiano. Noi chiediamo scusa alla Chiesa e a nessun altro». In loro soccorso arrivano altri familiari. Da lontano si sentono le urla «Basta! Ora Basta!». Si ferma una macchina, proprio davanti la chiesa. Escono due donne che si sfogano davanti a telecamere e giornalisti: «Perchè i politici parlano e infangano il nome dei Casamonica? I politici cosa vogliono dai Casamonica? Nostro zio non era un boss era una brava persona – gridano – Noi siamo stufi. La mafia è dentro la politica». Si innervosiscono ancora di più quando si parla del funerale come di uno show, di un qualcosa di kitsch: «Noi i funerali li faremo sempre così. Abbiamo fatto una colletta – spiegano a gran voce le parenti – Ogni famiglia ha messo qualcosa. Che volete le ricevute? Noi paghiamo tutto…». Per loro dire addio ai cari in quel modo o festeggiare altri eventi è la normalità. «Quando ho fatto la cresima a mio figlio ho preso quattro cavalli» racconta una delle due. «Vittorio non era un criminale. Ora c’è solo dolore. Stiamo male. Voi ci state ammazzando ancora di più» concludono le due donne. E infine il nipote Luciano chiosa: «Quando se ne va qualcuno soltanto Dio giudica, non la politica».

– «Lo rifarei», «ho fatto il mio dovere», «sono un sacerdote non un poliziotto». Il parroco che ha celebrato i funerali di Casamonica, don Giancarlo Manieri, si difende dalle accuse. E anche i Salesiani, congregazione alla quale fa riferimento la parrocchia romana di San Giovanni Bosco, sottolineano che «non esistevano ragioni ecclesiastiche per rifiutare la richiesta del rito funebre con la partecipazione, libera e pubblica, di familiari, amici e conoscenti». Ma gli stessi religiosi stigmatizzano l’accaduto e «si dissociano fermamente da qualsiasi forma di strumentalizzazione e di spettacolarizzazione della morte». Prende le distanze da «questo tipo di funerali show» anche il vescovo del Vicariato responsabile del settore di Roma in cui si trova la parrocchia, mons. Giuseppe Marciante. Ma ribadisce che «se non c’è una presa di posizione contro la dottrina della Chiesa il funerale non si può proibire». Tuttavia fa presente che nessuno, neanche in Laterano, aveva sentore di quanto sarebbe potuto accadere. «Certo – confida il vescovo a Radio Vaticana – se noi avessimo saputo che dietro questo funerale c’era questo spettacolo avremmo suggerito di celebrare le esequie in un modo più discreto». E se Famiglia Cristiana parla di «spettacolo indegno», Avvenire sottolinea come sia stata «una sfida a Roma, alla legalità, alla Chiesa stessa». Intanto dalle dichiarazioni del parroco emerge anche una nota di colore: a fronte del funerale hollywoodiano, l’offerta data dai parenti alla parrocchia è stata di «50 euro, cinquanta, non cinquemila. Tanto per rispondere a certe insinuazioni sui soldi», commenta sul suo blog. Il sacerdote continua a dire che non sapeva chi fosse la persona per la quale stava celebrando il rito e che all’interno della chiesa si è svolto tutto in maniera regolare: le persone «hanno seguito la cerimonia, alcuni si sono confessati, molti hanno fatto la comunione e molti hanno risposto alle preghiere della messa, ben più numerosi di altri in altre consimili occasioni». Infine il parroco chiama in causa anche Papa Francesco che chiede di avere misericordia. «Molti mi hanno rimproverato di non aver bloccato il funerale a un boss che ne ha combinate più che Bertoldo. Ma se era così fuori norma, perchè mai era a piede libero? Hanno aspettato la sua morte sperando che lo…’arrestassè il parroco? Mio dovere è distribuire misericordia, m’insegna Papa Francesco. Ed è quello faccio. Credo di aver fatto solo il mio dovere: sono un prete – conclude -, non un poliziotto».

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