Musei poco social, scatta la rivoluzione | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

Musei poco social, scatta la rivoluzione

I musei italiani non usano i social media per creare una relazione bi-direzionale con il pubblico, sia a causa della mancanza di competenze professionali specializzate sia perche’ privilegiano la comunicazione tradizionale one way. E’ quanto emerge da “#SOCIALMUSEUMS. Social media e cultura fra post e tweet”, il decimo Rapporto dell’associazione Civita presentato oggi all’Auditorium dell’Ara Pacis di ROMA e incentrato sul rapporto fra istituzioni culturali e social media. Secondo l’indagine, condotta insieme con Unicab, l’utilizzo delle piattaforme social, come mezzo per entrare in relazione con i propri pubblici o per attrarre visitatori, non costituisce ancora, per i musei italiani, un obiettivo strategico e rilevante. Alla base di tale scelta c’e’ una scarsa conoscenza delle effettive potenzialita’ dei social, dovuta alla poca esperienza finora accumulata e alla difficolta’ di associare una piattaforma ad obiettivi specifici. Fanno eccezione i musei d’arte contemporanea, capaci, al contrario, di richiamare non solo i giovani “nativi digitali”, ma anche un pubblico piu’ trasversale e meno assiduo. Ma il linguaggio impiegato nella comunicazione dei musei sui social media spesso non e’ inclusivo e risulta inadatto a un’audience digitale. Dai risultati della ricerca – curata da Luca De Biase, fondatore e caporedattore di No’va, e Pietro Antonio Valentino, vicepresidente del comitato scientifico di Civita – emergono, inoltre, due ostacoli che limitano la comunicazione sui social da parte delle istituzioni museali: i vincoli normativi, come quello che riguarda l’utilizzo delle immagini delle opere d’arte sui canali digitali, e le difficolta’ finanziarie che non consentono l’acquisizione di professionalita’ specializzate all’interno dei musei. Per recuperare il tempo perduto e proporsi come soggetti dell’innovazione nell’utilizzo delle tecnologie social, secondo Civita, le istituzioni museali da un lato “devono accrescere il proprio ruolo identitario e valoriale, a garanzia della qualita’ della cultura trasmessa e a favore di una redistribuzione dell’accesso alla conoscenza, valutando pregi e difetti rispetto ai propri obiettivi”; dall’altro lato i musei “devono essere messi in grado di dare l’avvio ad una progettualita’ innovativa, volta da ottimizzare le funzioni delle piattaforme social in linea con le esigenze del museo stesso ma anche, e di comune accordo, con quelle di centri di ricerca e imprese innovative del settore”. “La riforma Franceschini ha dato le condizioni di base perche’ la comunicazione dei musei possa beneficiare di forme moderne come i social network – ha detto il vicepresidente di Civita Nicola Maccanico – C’e’ molto da fare, sappiamo che cosa bisogna fare, e  questa e’ una buona notizia, pero’ adesso bisogna farlo”. “Abbiamo un ritardo da recuperare – ha commentato il ministro dei Beni e le Attivita’ Culturali e del Turismo Dario Franceschini – ma la  riforma del ministero, l’autonomia dei musei, i direttori che vengono da esperienze internazionali puntano esattamente a colmare questo ritardo. Abbiamo messo a punto – ha aggiunto – un sistema di valutazione della presenza dei grandi musei italiani sui social network che sta funzionando e che non e’ solo un monitoraggio ma e’ uno stimolo a far di piu'”. Durante la presentazione dell’indagine, Franceschini ha inoltre ricordato il convegno mondiale dell’Icom (International Council of Museums) in programma nel prossimo luglio, con piu’ di cinquemila direttori o rappresentanti di musei di tutto il mondo. “Sara’ un’occasione importante – ha detto – per spiegare la nostra riforma e per scambiare conoscenze”.

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