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Il regalo di Papa Francesco al mondo: la correzione del Padre nostro

papafrancesco-980x540Ormai lo sappiamo, Papa Francesco è il pontefice del cambiamento, della novità e proprio quando pensavamo di esserci abituati ad ogni sua forma di trasformazione, ci è giunta una notizia che mai avremmo pensato di poter sentire: la modifica di quella che forse è la preghiera per eccellenza: il “Padre Nostro”. Tanto nel vecchio quanto nel nuovo Testamento le traduzioni che nei secoli si sono succedute hanno spesso portato ad un’interpretazione di parole, frasi ed insegnamenti molto distante dagli scritti originali.

Il Vangelo, per fare un esempio, è stato “adattato” dagli stessi Evangelisti e poi nei secoli dai Padri della Chiesa con lo scopo di far comprendere alle varie popolazioni cui veniva annunciato il suo significato profondo e rivoluzionario. Ovviamente, spesso si doveva ricorrere ad allegorie e similitudini affinché la sua comprensione potesse radicarsi nelle menti e nei cuori in maniera profonda ed indelebile.

Sta di fatto che gli insegnamenti di Nostro Signore, espressi in Aramaico, hanno visto il passaggio, in termini linguistici, dal Greco al Latino fino a giungere all’Italiano. Non è affatto facile (e chi ha seguito un percorso scolastico di natura umanistica lo sa bene) tradurre letteralmente un’espressione o una parola, cercando di mantenere il significato originale. E in questo guazzabuglio linguistico, anche la Preghiera per eccellenza, sembra aver trovato alcune anomalie. La parte che a noi interessa del “Padre Nostro” è la seguente: “…e non ci indurre in tentazione”. Or bene, questa espressione che in latino suona come “et ne nos inducas in tentationem” sembra, come ha sottolineato il Pontefice, una forzatura nei confronti di Dio che, in qualche modo, spingerebbe i propri figli alla tentazione.

Dio che ci induce in tentazione non è una buona traduzione – ha sottolineato Francesco affermando che – anche i francesi hanno cambiato il testo con una traduzione che dice ‘non mi lasci cadere nella tentazione’. Sono io a cadere, non è lui che mi butta nella tentazione per poi vedere come sono caduto, un padre non fa questo, un padre aiuta ad alzarsi subito. Quello che ti induce in tentazione è Satana, quello è l’ufficio di Satana”.

Come sostenuto dal Vicario di Cristo, la Preghiera, insegnata da Gesù ai Discepoli, in questi giorni è stata al centro di discussioni in terra francese. Così, la nuova versione d’oltralpe ha escluso il passaggio “ne nous soumets pas à la tentation” (non sottometterci alla tentazione) con una versione ritenuta più consona ovvero: “ne nous laisse pas entrer en tentation” (non lasciarci entrare in tentazione).

Secondo quanto riportato da Le Figaro”, il “non sottometterci” ha fatto credere per secoli che Dio potesse tendere in qualche modo una sorta di tranello, chiedendo ai Suoi figli di compiere il bene e, al tempo stesso, sottoponendoli alla tentazione del male. Come commentato dal vescovo di Grenoble, monsignor Guy de Kerimel, “la frase attuale lasciava supporre che Dio volesse tentare l’essere umano mentre Dio vuole che l’uomo sia un essere libero”. Dopo mezzo secolo (la controversa versione venne introdotta il 29 dicembre 1965), la Conferenza episcopale transalpina ha quindi optato per la nuova traduzione del Notre Père. Per aiutare i fedeli a memorizzarla, la nuova preghiera è stata distribuita in decine di migliaia di copie nelle chiese di Francia. Il cambio ufficiale è avvenuto domenica 3 dicembre.
Ma ad essere sinceri anche in Italia, nella versione della Bibbia della Cei (2008), il passo “et ne nos inducas in tentationem” è tradotto con “e non abbandonarci alla tentazione”; l’edizione del Messale Romano in lingua italiana attualmente in uso (1983) non recepisce tuttavia questo cambiamento. Ora però è lo stesso Papa a sostenere pubblicamente che si dovrebbe cambiare. Abituiamoci dunque a questa nuova formula che molto probabilmente renderà giustizia a Dio.

Stefano Boeris

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