La campagna per salvare la "città meticcia" dallo sgombero - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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La campagna per salvare la “città meticcia” dallo sgombero

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“Io abito in un museo. Proteggi la città meticcia”. La scritta bianca, in corsivo, appare in sovrimpressione su immagini con i volti di bambini.  Uno scatto al giorno. L’hashtag che ne accompagna la pubblicazione è #savemetropoliz. Ė la campagna lanciata sui social da Metropoliz-“città meticcia”, per usare le parole con le quali è stata ribattezzata dai suoi stessi residenti l’ex fabbrica Fiorucci di via Prenestina 913, abitata  dal 2009 da famiglie  provenienti da diversi paesi del mondo. Un’occupazione abitativa che è diventata anche un museo, il Museo dell’Altro e dell’Altrove, tanto che negli anni scorsi si è fatto notare anche all’estero per le sue opere d’arte, soprattutto murales.

La campagna culminerà sabato 19 settembre, con la chiamata ad essere presenti fisicamente al museo non solo per gli eventi in programma ma anche per firmare di persona una petizione in suo sostegno, intitolata ‘Senza Metropoliz non è la mia città’, anche se sarà possibile firmarla anche online a partire da sabato prossimo. “L’intreccio di relazioni, lo scambio culturale e la sperimentazione sociale che da oltre 10 anni animano l’ex fabbrica Fiorucci in via Prenestina 913, trasformandola nel bene pubblico Metropoliz- la nostra città meticcia- non possono essere sacrificati in nome e a vantaggio della proprietà privata”, si legge nella petizione. “Per questo intendiamo chiamare con decisione chi, in questi anni, ha sostenuto e attraversato a vario titolo questa esperienza a una corresponsabilità collettiva per fermare l’ingranaggio dello sgombero”.

A Metropoliz due città si contendono lo stesso suolo. Da un lato quella “meticcia”, casa per famiglie troppo povere per pagarsi un affitto e in attesa da anni di alloggi popolari, laboratorio sociale e culturale, museo-abitato apprezzato a livello internazionale, “spazio vivo e rigenerabile dai bisogni di chi la città la vive”. Dall’altra l’ex fabbrica dismessa da edificare e occupazione sotto sgombero sulla quale pesa una sentenza del Tribunale civile che ha riconosciuto al proprietario, la società Ca. Sa. srl, del gruppo Salini Impregilo, un risarcimento da 28 milioni di euro da parte dello Stato per non aver ‘liberato’ l’immobile.

Proprio per questo Metropoliz è tra le prime operazioni al vaglio del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica che si riunisce ormai da mesi periodicamente in prefettura. Dopo lo stop legato all’emergenza Coronavirus il nuovo prefetto di Roma, Matteo Piantedosi, che a settembre 2018, da capo di gabinetto del ministero dell’Interno ai tempi di Matteo Salvini, aveva firmato la circolare che sollecitava i prefetti a velocizzare le procedure di sgombero, ha ripreso in mano il dossier. L’operazione in fase più avanzata è quella relativa all’immobile di viale Caravaggio, dove è già stato effettuato il censimento dei residenti e per la quale da mesi è in corso da parte delle istituzioni locali la ricerca delle alternative per le famiglie in emergenza abitativa, lontana dall’aver trovato soluzioni per tutti.

Subito dopo c’è la palazzina di via Tempesta, alla Marranella, nel V municipio, e l’ex fabbrica Metropoliz, a Tor Sapienza, sempre nel V municipio. I tempi, come spesso accade per queste operazioni, non sono ancora noti ma alla fine di agosto il delegato alla sicurezza della sindaca, Marco Cardilli, ha inviato al V municipio una lettera con la quale si richiede di effettuare il censimento dei residenti all’interno dei due stabili (in via Tempesta, in realtà, è stato già fatto). A Metropoliz vivono circa 200 persone, per una sessantina di famiglie in totale tra le quali, non a caso sono i testimonial della campagna in sua difesa, molti minori, circa 70.

 

In difesa di Metropoliz negli anni scorsi si era speso anche il vicesindaco Luca Bergamo che alla fine del 2016, nel corso di un sopralluogo nello stabile (era la prima volta per un rappresentante delle istituzioni), aveva affermato: “Le istituzioni culturali della città devono capire che una rete della cultura contemporanea a Roma non può non passare da questi luoghi”.

 

 

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