Migranti, due morti a Roma. Scatta l’allarme sanitario? - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Migranti, due morti a Roma. Scatta l’allarme sanitario?

Tbc, altre malattie infettive dai profughi del Corno d'Africa che transitano dalla capitale senza adeguati controlli? L'esperto getta acqua sul fuoco, non è (ancora) emergenza. "Arrivano sani e si ammalano qui per le condizioni nelle quali si vengono a trovare"

migrantiDa anni continua inarrestabile la fuga di centinaia  di migliaia  di persone dai paesi lacerati da guerre, carestie, rivoluzioni.  Il Mediterraneo rappresenta una via di fuga quasi obbligata, il fenomeno dei migranti che come i boat people dell’estremo oriente si affidano a organizzazioni senza scrupoli dopo aver passato patimenti inenarrabili è cronaca di tutti i giorni e alimenta vivaci polemiche. Arrivano sulle nostre coste a centinaia, a migliaia ogni giorno,  ci sono anche moltissime donne e bambini in condizioni drammatiche. In particolare stanno arrivando sempre più persone dall’Eritrea, dall’Egitto, dalla Somalia, dalla Siria e dal Libano. Costituiscono un’emergenza umanitaria, sicuramente. Ma anche sanitaria? Nei loro paesi d’origine sono diffuse malattie che l’indifferenza del Nord del Mondo non aiuta a debellare. Ci sono dei rischi per l’Italia e l’Europa? I nuovi casi di Poliomielite diagnosticati in Siria, possono rappresentare un pericolo?Ne parliamo con il prof. Aldo Morrone, Direttore Unità Operativa Complessa Medicina Preventiva delle Migrazioni, del Turismo e di Dermatologia Tropicale Istituto San Gallicano, (IRCCS) di  Roma e, per la cronaca, fino a qualche settimana fa direttore generale dell’Azienda Ospedaliera S.Camillo Forlanini

Quanti sono gli immigrati a Roma? Esistono pericoli concreti di contagio o malattie?

Secondo i dati in nostro possesso, a Roma ci sono circa 560 mila immigrati. Non c’è alcun pericolo di malattia o epidemia. L’unica epidemia è quella della diagnosi di malattie.  Gli immigrati  non portano malattie dal loro paese di origine. Si ammalano qui, nei centri di accoglienza non adeguati. Provate voi a mettere oltre 300 persone (compresi i bambini) in una struttura che ne potrebbe al massimo contenere poco più di 100. Si ammalerebbe anche un italiano. È una questione di transizione epidemiologica: a causa del sovraffollamento e dell’igiene, gli stranieri si ammalano delle stesse malattie degli italiani

 Quindi non c’è alcuna emergenza?

Assolutamente no. Non dimentichiamoci che una città come Roma, ospita ogni anno, tra turisti e pellegrini, una media di  23 milioni di persone che arriva si ferma per due o tre giorni e riparte. Per non parlare del 1978 quando con Giovanni Paolo II, la capitale subì una “invasione” di polacchi. Se non è stata emergenza quella…

 Come si dovrebbe attrezzare la nostra città?

 Io credo che non servano strutture ad hoc, ma la sfida dell’immigrazione è quella di dare a queste persone un’assistenza essenziale, investendo sui rapporti umani, il lavoro, lo stato d’animo, l’alimentazione e l’igiene. Occorrono sale di attesa funzionali che siano in grado di riempirsi anche di stranieri.

La situazione generale è complessa, il governo è in affanno, la struttura dell’emergenza scricchiola… 

Oggi, gli sbarchi quasi quotidiani, di disperati in arrivo dall’Africa rilanciano un’attenzione e un dibattito si spera più elaborato e proficuo nell’interesse di tutti: immigrati e italiani. Siamo di fronte alla fuga di decine di milioni di persone dalla fame, dalla guerra e dalla mancanza di prospettive di un futuro dignitoso.  Osservando le immagini di uomini, donne e bambini ridotti allo stremo, sorge spontaneo chiedersi in che condizioni di salute arrivano in Italia gli immigrati, almeno quelli che non annegano prima. Il connubio immigrazione e salute ha evidenziato la necessità di predisporre e coordinare una rete di servizi socio-sanitaria in grado di raccogliere la domanda di salute non sempre espressa direttamente dagli immigrati, che svolga le funzioni di promozione della salute, prevenzione e diagnosi precoce delle principali patologie a più alta morbilità e morbidità.

 

Come affrontare allora il fenomeno?

Nel 2008 il ministro della Salute, Livia Turco, promosse  l’istituzione di un “Istituto Nazionale per la promozione della salute dei Migranti e per il contrasto delle malattie della Povertà (INMP), utilizzando a tal fine la trentennale esperienza della Struttura Complessa di Medicina Preventiva delle Migrazioni, del Turismo e di Dermatologia Tropicale dell’Istituto San Gallicano (IRCCS) di Roma. Il Centro aveva il compito di sviluppare iniziative volte alla promozione della salute delle popolazioni migranti e, allo stesso tempo, di tutela di quella degli italiani.  Anche l’attività che ho diretto per oltre tre anni presso l’Azienda ospedaliera San Camillo Forlanini, era in parte rivolta a ridurre le differenze socio-economiche nei confronti della domanda di salute delle popolazioni a maggior rischio di marginalità. Inoltre da diversi anni siamo impegnati come Unità Operativa in una serie di missioni umanitarie e cliniche in Africa, Medio ed Estremo Oriente, in particolare in Paesi come l’Etiopia, l’Eritrea, il Libano, l’Afghanistan e la Libia.

 

Le  riformulo la domanda secondo una angolatura diversa. C’è un rischio di importazione e di diffusione di patologie da noi ormai rare o debellate?

I fenomeni migratori in corso, destinati a intensificarsi in futuro, possono costituire un significativo rischio di diffusione di malattie in Italia perché la comunità sanitaria italiana spesso non è adeguatamente preparata alla diagnosi e alla cura. Emerge quindi la necessità di potenziare le competenze, a tutto vantaggio della salute pubblica.Per questa ragione, occorre garantire, al più presto e su tutto il territorio nazionale, la promozione ed equità della salute per milioni di stranieri che in parte diverranno nuovi cittadini italiani e che sono comunque residenti in Italia. La prima forma di integrazione sociale, infatti, riguarda proprio il diritto alla salute. Oggi siamo riusciti a rendere fruibili alcuni servizi alle famiglie immigrate, ma senza che la medicina indagasse sulle cause di malattie dovute al lavoro nero.Il cammino è ancora lungo. Oggi abbiamo di fronte una sfida alla quale eravamo fortemente impreparati, ma che dobbiamo affrontare. È venuto il momento di affrontare il problema con competenza scientifica e con passione.

Francesco Vitale

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