E adesso il Campidoglio è un vero laboratorio politico | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

E adesso il Campidoglio è un vero laboratorio politico

virginiaraggiE’ fatta: Virginia Raggi ha assunto le funzioni di sindaca, il Movimento 5 stelle governa Roma Capitale, che è anche la più grande città italiana. Con l’area metropolitana, cioè i 121 comuni della vecchia provincia, quattro milioni e mezzo di persone. “Abbiamo trovato soltanto macerie” la confessione sconsolata fatta pubblicamente, dopo l’investitura e la prima riunione del consiglio comunale, dalla stessa Raggi. Ma viene da chiedersi cos’altro sperasse di trovarci. La cronaca quotidiana è un susseguirsi di scandali e irregolarità, un rosario che si ripete quotidianamente con la medesima ripetitività. I romani, come del resto molti italiani, non credevano più – almeno fino al ballottaggio del 19 giugno – che le cose potessero cambiare: che i trasporti funzionino, che la città sia pulita, che la legge venga fatta rispettare, che i dipendenti comunali lavorino come tutti gli altri, che il lasciar andare ormai dilagante venga soppiantato dalla voglia di fare.

 

Il 19 giugno la data va scolpita perché potrebbe rivelarsi, così come l’ennesima illusione, l’inizio di una nuova era, l’inizio di una rinascita della Città Eterna. La bella Virginia ha mostrato il volto e i toni giusti per mobilitare i cittadini romani, capaci del meglio ma anche geneticamente scettici sui loro leader, forse perché troppo volte ingannati con promesse mai mantenute. Stavolta potrebbe, almeno lo speriamo, essere diverso. “Non dimentichiamo da dove veniamo. Siamo e dobbiamo rimanere cittadini tra i cittadini. Per riavvicinare i cittadini alla politica” ha affermato la sindaca. L’impressione è che i romani non siano rimasti insensibili, che con il loro voto le abbiano concesso un’apertura di credito da verificare comunque in tempi brevi perché le malattie di cui soffre Roma sono gravissime, in particolare quella che va sotto il nome di mafia romana, che nasce dalla commistione tra la criminalità e il sottobosco politico. Che appare sempre in grande spolvero.

 

Si tratta ora di aspettare e vedere al lavoro la “squadra” grillina della “Sweet Virginia”. Se possiamo darle un consiglio, frutto del dialogo con tanti nostri lettori, le diciamo quella che in tutto il resto del mondo è la cosa più banale che ci sia: fa rispettare le leggi. Da noi, a Roma – e purtroppo anche in molte altre parti dell’Italia – è la vera rivoluzione è quella. Decenni di degrado politico-sociale-culturale hanno fatto perdere quei valori e quell’impegno che sono alla base del vivere civile. La città intesa come comunità esiste sempre meno, la città è sempre più spesso un grande deposito di individualità che non comunicano tra di loro. Lo spirito civico, che in passato era la molla per tenere in ordine la città, rispettare i fiori dei parchi e le opere d’arte di cui è disseminata Roma, è sbiadito. Colpa dei cittadini, ma anche dei loro rappresentanti politici, che le leggi hanno spesso sbeffeggiato, vantandosi di non rispettarle. Di qui nasce il distacco tra la politica e il paese reale.

 

I grillini, o Cinquestelle che dir si voglia, nel “Palazzo” della vecchia politica sono entrati, spinti dalla gente delle piazze in cui da anni montano i loro banchetti, con un progetto dichiarato: fare da apripista ai cittadini comuni per guidarli ad una riconquista dei loro diritti. Sembrava un progetto folle, così per molti lo è ancora il modo degli iscritti al M5S di elaborare, via internet, i programmi e i progetti del movimento. Eppure i primi risultati, magari piccoli, si sono visti; la gente ha cominciato a seguirli da vicino. E nelle ultime amministrative, per demerito va detto dei partiti tradizionali che ormai sono autoreferenziali e vivono in un mondo tutto loro, li ha premiati. Magari con la paura che  pur con la loro onestà e il loro rigore, alla fine, non sappiano governare. E con una richiesta minima: come già detto, il rispetto della legge. Sarà molto, molto difficile. Ma se la giunta della sindaca Raggi non riuscirà a far capire ai romani che non ci sono figli e figliastri ma che siamo tutti sullo stesso piano, sarà la fine di un’illusione. In caso contrario, la svolta del 19 giugno.

 

Con la conquista del Campidoglio da parte del M5S, Roma è diventata una cartina al tornasole della politica italiana, un vero e proprio laboratorio politico. Se riusciranno a governare la Capitale, facendola uscire dal degrado in cui l’hanno precipitata anni di malgoverno cittadino, i Cinquestelle potranno presentarsi a testa alta, e con credenziali credibili, alle prossime elezioni politiche. L’occasione potrebbe non essere neppure troppo lontana. In ottobre si dovrà svolgere il referendum confermativo delle riforme costituzionali, leggi l’abolizione del Senato, approvate dal Parlamento su proposta del governo. Renzi ha già detto che se dovesse prevalere il “no”, l’esecutivo ne trarrebbe le conseguenze, darebbe cioè le dimissioni. E che il “no” possa vincere non è un’illusione, è una possibilità concreta, anche per via degli effetti negativi della crisi economica da cui l’Italia non riesce ad uscire. Il M5S potrebbe a quel punto candidarsi, come primo partito dell’opposizione, alla guida del governo. Luigi Di Maio, il premier penta stellato in pectore, è già pronto. Ma sa che dovrà aver alle spalle un partito capace di governare, e che per questo abbia aver avviato la fuoruscita di Roma dal degrado in cui si trova. E capace di resistere ai trabocchetti con cui il vecchio modo di fare politica cercherà di ostacolare il rinnovamento. 

Carlo Rebecchi

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