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Direttore responsabile Giovanni Tagliapietra

La politica romana e quel colpo di reni che i grillini avevano garantito

raggi-crisi-m5s-606x342Ricordate la “storica” notte del 19 giugno? Una valanga di voti, poco meno del 70 per cento, consegnò le chiavi del Campidoglio a Virginia Raggi. La novità di un sindaco donna per la Capitale, una novità anche il movimento che l’aveva presentata, il M5S. Una forza politica emergente, accolta al suo comparire con perplessità anche perché ideata, creata e proposta agli italiani, e nel caso specifico ai romani, da un comico, Beppe Grillo, e da un ingegnere informatico, Gianroberto Casaleggio, la cui idea di attuare una vera democrazia via computer inquietava più d’uno. Gli elettori sapevano benissimo, quando in giugno si sono recati alle urne,  che il M5S non aveva esperienza nell’arte di governo eppure non hanno esitato a gettare il cuore oltre l’ostacolo, staccandosi in massa dai partiti che negli ultimi decenni hanno provocato la decadenza, sotto gli occhi di tutti, della Città Eterna. Chi ha votato per il M5S si aspettava da parte degli eletti, Virginia e il suo “Raggio Magico”, un identico coraggio, la nascita di un futuro diverso. Finora, spiace dirlo, quel colpo di reni, una diversa gestione della città, non si sono ancora visti. Al quinto mese dell’”era grillina” i romani sono in preda ad un pessimismo sempre più pronunciato. Cominciano a credere che potrebbero essere stati scippati anche stavolta della speranza di vedere ridiventare Roma una città “normale”, tutto il contrario dell’immagine di “mafia Capitale” che si è invece diffusa nel mondo.

 

I romani guardano la tv e trasecolano. Ma come,  negli Stati Uniti il giorno dopo le elezioni Donald Trump già snocciola come un ragioniere le misure che adotterà  – tagli alle tasse, rilancio degli investimenti, più sicurezza e via di seguito – che diventeranno operative il giorno dopo il suo insediamento alla Casa Bianca, e a Roma – dove le elezioni si sono svolte il 19 giugno – si parla ancora e soltanto, o quasi, di “caos Capitale” e la squadra di governo della città non è ancora completa. Che fine hanno fatto le promesse fatte dai Cinquestelle prima del voto per la scelta del successore del “marziano” Ignazio Marino? Dimenticate? In sonno? Nessuno ne parla più. Dov’è finito il programma della sindaca?  Una sola cosa è stata decisa: il “no” alla candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024. Una scelta condivisa soprattutto dai romani “normali”, i signori Rossi e Bianchi che abitano nella Capitale, e osteggiata in prevalenza da chi grillino non è. Una prova di decisionismo quasi a significare: siamo pronti a governare, non guarderemo in faccia a nessuno. Ma dopo, a seguire, ben poco. Ci sono voluti tre mesi per mettere insieme la Giunta, sulla quale pesano ancora incognite (vedi il caso dell’assessora “indagata” Paola Muraro; e manca ancora il capo di gabinetto). Mentre c’è stata, nelle ultime ore, la promozione con relativo aumento di stipendio del fratello del più fidato dei collaboratori della Raggi in Campidoglio. Era davvero una promozione opportuna? Non si rendono conto i grillini che così  entrano anche loro nella categoria di chi “tiene famiglia”, si comportano o danno l’impressione di farlo come gli eletti degli altri partiti oggetto delle loro critiche?.

 

A ripercorrere  le pagine del diario politico romano da quando i grillini hanno spazzato via dal Campidoglio i partiti tradizionali si vede ben poco, oltre al “caos Capitale”. I romani non sono così improvvidi da non capire che Roma aè stata “utilizzata” per decenni dai politici di turno per fini che non avevano nulla a che vedere con le esigenze dei cittadini. A Roma la corruzione e il marciume rivelati dall’inchiesta Mafia Capitale sono così profondi ed i problemi cosi complessi che quasiasi tentativo di risanamento richiederà tempi molto lunghi. Ma tre mesi di lotte interne al M5S per formare la Giunta, “bruciando” peraltro personalità che avevano aderito al progetto grillino e che sarebbero anche oggi preziose , sono decisamente molti. Forse i romani non sarebbero oggi così pessimisti, o delusi, se la tanto decantata “trasparenza” grillina fosse stata utilizzata per informarli dei problemi  e per spiegare le difficoltà nelle quali i Cinquestelle si sono imbattuti spulciando conti e documenti del Campidoglio. Invece nulla. Per settimane i giornali hanno descritto il vertice grillino romano come una specie di “palazzo d’inverno” dove si affrontavano direttorii vari. E lo stesso Beppe Grillo ha dato l’impressione di non riuscire a controllare la sua creatura. Chi aveva votato per la Raggi era convinto che una volta preso possesso del Campidoglio le decisioni sarebbero state prese alla luce del sole, non nei corridoi bui del Palazzo e si aspettava che la partecipazione in streaming alle discussioni della Giunta diventasse realtà. Invece poco o niente. Così come i cittadini aspettano ancora la spiegazione del sindaco su alcune delle sue scelte più discusse, quelle di Marra e della Muraro in particolare.

 

Il programma grillino, visto dalla strada,  sta prendendo i colori di un libro dei sogni che sono svaniti o stanno svanendo. I trasporti? La promessa era di una mobilità “fluida”, con investimenti mirati a riqualificare ciò di cui si dispone, tante corsie preferenziali e piste ciclabili. Di nuovo sono stati decisi soltanto il blocco, che apre comunque una serie di problemi, della realizzazione della Linea C della metro e, da pochi giorni, la messa in servizio sulla Nomentana di alcuni dei mega-filobus comperati dall’allora commissario Tronca che, non potendo essere utilizzati perché  inadatti sulla linea per la quale erano stati acquistati. Il caos da traffico è immutato. Idem grosso modo, anche per i rifiuti, con cassonetti strapieni, organizzazione spesso incomprensibile e squadre di rom che, con con i loro mezzi, dalle carrozzine per neonati ai pullmini, hanno messo su una loro rete di raccolta. Era stata promessa la raccolta a domicilio, ma è già tanto se vengono svuotatti,in forte ritardo, i cassonetti. E che dire del progetto “sociale” per fare in modo che i nuclei familiari più deboli non debbano spendere per l’affitto più del 20%  del reddito? E delle case popolari, come sempre terra di nessuno? E delle periferie? E degli asili, delle mense e degli orti scolastici? Probabilmente gli assessori grillini ci stanno lavorando. Ma se non informano in alcun modo i cittadini della loro azione il sospetto di questi ultimi che abbiamo eletto degli incapaci è destinato a rafforzarsi sempre più.

 A questo punto una cosa è quanto mai evidente: i romani chiedono un vero dialogo con i loro eletti. Il M5S deve avere il coraggio di aprirsi ai cittadini della Capitale informandoli di cosa sta facendo, degli ostacoli che incontra. Non basta che un politico sia onesto, deve anche sapere mettersi in sintonia con i suoi elettori e far riemergere la voglia di una partecipazione che troppo a lungo, a Roma, è stata soffocata dall’arroganza dei partiti. A questo proposito, un sospetto circolada più parti: quello che anche i Cinquestelle, come hanno fatto in passato gli altri partiti, stiano utilizzando la Capitale con un obiettivo, almeno per il momento, diverso da quello di gestirla e risanarla. Per essere più chiari: c’è chi pensa che oggi  il Campidoglio sia gestito in maniera centralistica, senza  trasparenza, per impedire che si vedano all’esterno i problemi che la Giunta, e di conseguenza il M5S, hanno al loro interno. Il motivo sarebbe evidente: il referendum sulle riforme costituzionali nel quale Matteo Renzi, che l’ha trasformato in un plebiscito sulla sua persona, si gioca il governo. Una sindaca di Roma bella e dal sorriso simpatico può essere per i Cinquestelle un atout importante nel voto del 4 dicembre, dato che Grillo ed i suoi affermano pubblicamente, un giorno si e l’altro pure, che il loro obiettivo è di sfrattare il premer piddino da Palazzo Chigi. Se le cose stanno così, come è molto probabile, è evidente che almeno fino a dopo il referendum i grillini laveranno i panni sporchi del Movimento in famiglia. Compresi quelli del “raggio magico” capitolino.

Carlo Rebecchi

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