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ALGERIA/ Non è finita, ancora decine di ostaggi nelle mani dei terroristi

E’ stata una strage, e ancora non è finita: 30 ostaggi e 11 terroristi sono morti, molti altri sono rimasti feriti e almeno 40 persone sarebbero ancora nelle mani dei terroristi islamici. E’ questo il parziale bilancio della situazione nell’impianto petrolifero di In Amenas, in Algeria, dopo ore di combattimento per il blitz deciso dal governo algerino. Tra le vittime, sette stranieri: almeno due britannici, due giapponesi e un francese, ma ancora non si conosce la nazionalità delle altre vittime.

A quanto riferisce l’agenzia algerina Aps, l’esercito avrebbe liberato l’area degli alloggi, dove erano tenuti la maggior parte degli ostaggi, ma altri 40 sarebbero tenuti in un’altra zona, dove i combattenti si sono arroccati e dove i combattimenti vanno avanti.

L’operazione, ha spiegato il ministro della Comunicazione Mohand Said difendendo la decisione dell’attacco, ha permesso di eliminare un gran numero di terroristi. Said ha anche sottolineato come Algeri rifiuta di negoziare con i terroristi. Secondo le forze di sicurezza algerine, l’azione degli estremisti mirava a destabilizzare l’Algeria e a spingerla nel conflitto in corso in Mali, anche se secondo l’intelligence l’attacco a In Amenas è stato deciso prima dell’intervento francese nel conflitto maliano.

I terroristi, arrivati in Algeria dalla Libia, erano guidati da Abou al Bara, rimasto ucciso nel blitz. Gli altri islamisti uccisi erano egiziani, libici maliani e anche un cittadino francese. Hanno rivendicazioni politiche: chiedevano la liberazione

di diversi prigionieri islamici detenuti in Algeria e in altri Paesi, e hanno preteso come condizione per avviare un dialogo l’allontanamento delle unità di sicurezza e dell’esercito algerino che avevano circondato il sito.

Il blitz ha permesso a un gran numero di ostaggi, circa 600, di scapppare. Drammatica la testimonianza resa telefonicamente alla Reuters da uno dei lavoratori algerini riusciti a fuggire, secondo il quale i terroristi avrebbero detto agli ostaggi di fede musulmana che non li avrebbero toccati, mentre avrebbero invece ucciso gli occidentali, “cristiani e infedeli”. Secondo il testimone, identificato come Abdelkader, 53 anni, gli armati avrebbero dimostrato una buona conoscenza della struttura interna della base e il loro linguaggio sarebbe tipico dell’Islam più radicale.

Attraverso il portavoce Jay Carney, la Casa Bianca condanna duramente l’attacco terroristico nell’impianto algerino di In Amenas. L’amministrazione Usa, inoltre, ha affermato che dietro l’azione c’è il movimento di Al Qaeda. Gli Stati Uniti hanno anche fatto sorvolare l’impianto di In Amenas da un drone in missione d’osservazione, forse partito dalla base italiana di Sigonella: ma su questo non ci sono conferme.

In Inghilterra si registra l’irritazione di David Cameron per non essere stato avvertito preventivamente dell’iniziativa militare algerina. Il premier, spiega un portavoce, ha appreso dell’operazione in una telefonata con il primo ministro algerino questa mattina alle 11. Downing Street fa sapere che Cameron ha fatto presente che avrebbe preferito essere informato dell’operazione militare e che il governo algerino ha sottolineato di aver dovuto agire “immediatamente”.

L’ambasciatore italiano Michele Giacomelli “ha convocato” il personale della sede diplomatica e delle altre rappresentanze italiane e “ha raccomandato prudenza”. Ad Algeri, ha riferito la fonte, “c’è un po’ più di movimento di polizia vicino alle ambasciate interessate, come quella francese”, ma comunque “c’è sicurezza e come ha detto l’ambasciatore la situazione è tranquilla, ma ci vuole prudenza. E’ chiaro che le passeggiate nel deserto sono da evitare, ma qui siamo a circa 1.500 chilometri di distanza” dalla sede dell’impianto per l’estrazione di idrocarburi di In Amenas.

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