I salumi della Pasqua e i rossi della tradizione - Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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I salumi della Pasqua e i rossi della tradizione

soppressata-dolce-e-piccanteOgni anno la Pasqua porta sulle tavole degli italiani i salumi della tradizione. Ogni regione ha le sue tipicità, ma si tratta di una consuetudine radicata nella cultura gastronomica di tutta la penisola e che risale al Medioevo. L’addio pre-quaresimale alla carne (il Carnevale) si celebrava con salsicce o fette di salame cotte nel vino bianco, e il giorno di Pasqua – dopo quaranta giorni – si poteva finalmente tornare a consumare tutti i salumi che, in primavera, avevano raggiunto il giusto grado di stagionatura. In particolare, il periodo tra la fine di marzo e la fine di aprile è quello perfetto per consumare il salame e la coppa (o capocollo), prodotti che necessitano di una stagionatura di tre o quattro mesi – a partire dalla macellazione invernale del maiale, che avviene tradizionalmente dal giorno di Santa Lucia (13 dicembre) a quello di Sant’Antonio (14 gennaio). Si va dall’immancabile salame corallina di Roma alla coppa-capocollo delle regioni del centro e del sud fino al salame filzetta in Brianza. Tutti, in ogni caso, sono particolarmente buoni se consumati sorseggiando un buon rosso che ne esalti il gusto: Claudio Arcioni e l’Arte dei Vinattieri consigliano di optare per un bonarda (ottimi l”Alcova’ Conte Vistarino e il ‘Vaiolet’ Monsupello), un lambrusco (in particolare il Lambrusco Ceci e il Pederzana nelle sue declinazioni: Gibe, Grasparossa e Canto Libero), un gragnano (da provare il Grotte del Sole) o un grignolino (ottimi esempi il ‘Grignolino d’Asti’ Braida e il ‘Ruvo’ Castello di Gabiano).

Lorenzo Marziali

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