Casale San Nicola, CasaPound non vuole il centro migranti: scontri con la polizia. Traditi dalle istituzioni | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Casale San Nicola, CasaPound non vuole il centro migranti: scontri con la polizia. Traditi dalle istituzioni

Mesi di proteste e tensioni per il nuovo centro rifugiati a Casale San Nicola, estrema periferia residenziale di Roma, esplodono in una mattina soffocante con scontri tra polizia e militanti di CasaPound. In mezzo alcuni residenti, molte donne. L’arrivo in pullman dei primi 19 richiedenti asilo all’ex scuola Socrate scatena la reazione di una parte degli abitanti del comprensorio – in tutto 250 famiglie disperse in campagna – e soprattutto dei militanti di estrema destra, che cavalcano la protesta tra saluti romani. Nei tafferugli 14 agenti rimangono feriti – secondo la questura -, due manifestanti vengono arrestati, si contano diversi contusi. «Hanno caricato donne e anziani – accusano esponenti del comitato contro il centro rifugiati -, volevamo una mediazione ma la polizia aveva l’ordine di passare e così hanno fatto». «Ciò a cui abbiamo assistito è una cosa indecente e indecorosa – dice duro il prefetto Franco Gabrielli -. Auspico che le forze dell’ordine denuncino, in modo tale che queste persone abbiano sulla propria fedina le cose di cui si sono macchiate» All’ex istituto scolastico la prefettura ha destinato un centinaio di rifugiati dopo regolare bando di gara, ma da subito una parte dei residenti si è opposta adducendo la mancanza di servizi dell’area di Casale San Nicola e la paura per la sicurezza. Altri abitanti si sono invece dissociati dai sit-in di protesta. Gabrielli ha detto in più occasioni che la scelta sarà difesa in nome della legalità. In questi ultimi mesi si sono visti nel sito tra via Cassia e via Braccianese, nella zona nord di Roma, anche senzacasa italiani attendati, spinti da un movimento di destra sociale a rivendicare i propri diritti, ma non contro gli immigrati. Il contenzioso sul nuovo centro, finito anche in Tribunale, è deflagrato stamani all’arrivo dei primi richiedenti asilo. Sono volate bottiglie contro il pullman, tra urla, slogan, sassi e cassonetti incendiati. I militanti di CasaPound, caschi e volto coperto, hanno tentato di impedire il passaggio, ma la polizia aveva ordini precisi e ha usato i manganelli. Risultato: feriti, contusi, arrestati. E uno strascico di polemica politica che non si spegnerà facilmente. «C’era un bando e una commissione ha ritenuto che la cooperativa avesse i requisiti necessari – dice Gabrielli -: ci è arrivato il carteggio ed è corretto. Se c’è gente che non è d’accordo … se passasse questo principio sarebbe finita». La destra invece difende i cittadini e anche le forze dell’ordine. «Gli scontri di Roma sono colpa di Renzi, Alfano e Marino», attacca Giorgia Meloni, leader di Fdi-An. «Non rompete le palle a chi protesta» dice il segretario della Lega Matteo Salvini parlando anche degli episodi di Treviso e di altre città. L’europarlamentare del Carroccio Mario Borghezio, eletto anche con i voti di CasaPound a Roma, annuncia un blitz stasera. A difendere i rifugiati e la linea del prefetto il Pd romano, che ricorda «la città solidale». Ma i residenti ostili fanno appello al ministro dell’Interno e assicurano: «Noi non molleremo».

– Rabbia e paura. Senso di tradimento da parte delle istituzioni. Il timore che con l’arrivo di una piccola comunità di migranti in questa «isola senza servizi» all’estrema periferia nord di Roma aumentino i furti e che cresca l’insicurezza, quantomeno quella percepita. Per cui no, il centro di accoglienza per i migranti «non è sostenibile». I residenti di Casale San Nicola non cedono d’un passo: «Non molleremo» spiegano i loro portavoce dopo una mattinata di guerriglia, afa asfissiante e roghi di balle di fieno. Anzi, rilanciano. Cercano appoggi politici, sono pronti a lanciare un appello al ministro dell’Interno Angelino Alfano perchè interceda presso il prefetto Franco Gabrielli, gli faccia cambiare idea. Si rivolgono al M5s, lanciano ami al leader della Lega Matteo Salvini. Oggi, al presidio finito in tafferugli, accanto a loro c’erano i neo-alleati romani del Carroccio, i ‘nerì di Casapound. I residenti minimizzano il loro ruolo: «Sono venuti senza bandiere – affermano – e se sono intervenuti è stato a difesa e non prima della carica. So che rischiamo di venire accomunati a loro, ma è un mezzuccio». Casapound li sostiene da mesi per impedire, afferma un dirigente, che «l’ex scuola Socrate venga utilizzata come centro d’accoglienza per rifugiati, mettendo a rischio la vita quotidiana delle 250 famiglie che vivono qui, alle quali non solo non è stato chiesto nessun parere ma nemmeno è stata data alcuna garanzia di sicurezza». ‘Sicurezzà, ecco la parola che funziona in questo lembo all’estrema periferia nord di Roma, lungo la Cassia. Ma Casale San Nicola non è Tor Sapienza. Non è una periferia sovraccarica, esausta. Piuttosto, una lunga strada semi asfaltata che si inoltra verso la campagna, fratturata dalle radici di due filari di pini antichi su cui s’affacciano grandi cancelli di ville, casali, maneggi, rari incroci silenziosi, suono di palle da tennis. Vi vivono, sono i loro portavoce a dirlo, «nobili, borghesi e contadini». Isolati, però. «Non c’è illuminazione, la polizia non passa, e d’inverno già alle 16 è buio» spiegano i residenti. Che si sono organizzati: «Tutti – spiega un giovane – hanno le inferriate, i cani. Qualcuno anche la pistola». Parlano di «furti in casa uno per notte, ma sono calati del 50 per cento da quando c’è il presidio». Nessun razzismo, giurano: «Siamo cittadini italiani che hanno subito un sopruso in una loro proprietà». La ex scuola è circondata da un presidio permanente di poliziotti. Per i residenti avrebbe al massimo dovuto ospitare donne e bambini, «non 100 adulti in un contesto che non offre nulla». Uno stabile bello, e ambito. Accanto, indipendente dalla protesta di questi giorni, è sorta da qualche settimana una piccola tendopoli sotto i colori del movimento ‘Nessuno tocchi il mio popolò. Vi vivono 30 persone, di cui 8 bambini, si definiscono «profughi italiani». Vorrebbero che lo stabile fosse assegnato a loro, altrimenti, afferma una donna, «di quale paese dobbiamo chiedere la cittadinanza, per ottenerlo?». La polizia offre loro bottiglie d’acqua, mentre presidia la nuova casa dei 19 migranti arrivati oggi. Possono uscire, non sono reclusi. Chissà quando, e se, metteranno il naso oltre il muro delle camionette.

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