Gioielliere ucciso, si toglie la vita in carcere il presunto assassinio: era nel reparto Grande sorveglianza, polemiche sui controlli | Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio
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Gioielliere ucciso, si toglie la vita in carcere il presunto assassinio: era nel reparto Grande sorveglianza, polemiche sui controlli

L'allarme è scattato intorno alla mezzanotte, quando il 32enne pregiudicato è stato trovato dagli agenti della penitenziaria. Il Dap avvia un'indagine: "Dinamica che si attiva per prassi"

Ludovico Caiazza, 32 anni, ritenuto dagli investigatori il killer del gioielliere romano ucciso durante una rapina mercoledì scorso, è stato trovato impiccato in una cella del carcere romano di Regina Coeli. Il suicidio è avvenuto nella tarda serata di ieri: ha usato un pezzo di lenzuolo.

Il 32enne, pregiudicato, era da solo in cella: era arrivato nel pomeriggio nel reparto di Grande sorveglianza del carcere di Regina Coeli. L’allarme è scattato intorno alla mezzanotte. A trovarlo in fin di vita nella cella gli agenti della polizia penitenziaria durante un controllo dei detenuti. Gli agenti hanno chiamato il servizio ambulanze del 118, ma all’arrivo del medico e degli infermieri, “sette minuti dopo” sostiene la Cisl Fns, Ludovico Caiazza era già morto.- Dopo il suicidio in cella a Regina Coeli del presunto killer del gioielliere ucciso a Roma, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), a quanto si apprende, ha avviato un’indagine interna per ricostruire i fatti. Si tratta di una dinamica che si attiva di prassi in casi di questo tipo, precisano dal Dap.

«Dalle prime notizie trapelate, Ludovico Caiazza aveva precedenti per violenza sessuale e aveva una situazione personale di forte disagio. Per questo, per tutelarlo, non era stato messo a contatto con altri detenuti». È quanto spiega all’ANSA il capo del Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Santi Consolo, in merito alla vicenda del presunto killer di Giancarlo Nocchia, il gioielliere ucciso a Roma. «Da stanotte – aggiunge il capo del Dap – sono in costante e diretto contatto per acquisire informazioni su quanto accaduto. Gestire in carcere persone che manifestano un forte disagio individuale, come in questo caso, reso ancor più forte dal fatto che il soggetto era accusato di fatti gravissimi, non è semplice. La polizia penitenziaria svolge un compito delicatissimo. È vero che la compresenza di altri detenuti può aiutare a prevenire una situazione come quella che si è verificata. Ma nel caso specifico ha prevalso, in prima istanza e in attesa di più precisi riscontri, la necessità di tutelare il detenuto, visto che le prime notizie indicavano precedenti per violenza sessuale. E per questo, a sua tutela, si è scelto di lasciare il detenuto da solo». Caiazza era stato fermato e portato a Regina Coeli la sera del 18 luglio. Ludovico Caiazza si sarebbe tolto la vita, impiccandosi, nei sette minuti che intercorrono tra una conta e l’altra in una cella della settima sezione, quella dei ‘nuovi giuntì, nel carcere di Regina Coeli. È quanto si apprende da fonti inquirenti secondo cui i primi ad intervenire per sono stati gli agenti della penitenziaria che hanno tagliato il cappio con il presunto killer del gioielliere romano si è tolto la vita. In base a quanto si apprende, inoltre, Caiazza nel pomeriggio di ieri ha avuto un colloquio con una psicologa del carcere. La specialista avrebbe riscontrato «un forte stato di agitazione» ma nulla che facesse presagire il gesto estremo. Caiazza, sempre ieri, aveva incontrato nel carcere per oltre un’ora il suo avvocato.Erano due, a quanto si apprende, uno di servizio al piano, l’altro preposto al controllo al cancello di ingresso alla settima sezione, gli agenti di polizia penitenziaria attivi ieri nella sezione di Regina Coeli dove si è suicidato il presunto killer del gioielliere. Il controllo del detenuto era effettuato ogni 15 minuti con obbligo di firma da parte dell’agente. L’ultima firma è quella delle 20.30. Alle 20.45 Caiazza è stato trovato con il lenzuolo attorno al collo legato alla grata della cella. – Ludovico Caiazza, il presunto killer di Giancarlo Nocchia, il gioielliere ucciso a Roma, che si è tolto la vita a Regina Coeli, era solo in cella con controlli da parte degli agenti di polizia penitenziaria – da quanto si apprende – ogni 15 minuti. Era stato posto nella sezione di prima accoglienza del carcere, la settima.

Quando è stato bloccato dai carabinieri a bordo di un treno all’altezza di Latina il presunto assassino dell’orafo romano Giancarlo Nocchia, ucciso mercoledì durante una rapina, aveva con sè il cellulare della vittima, una pistola addosso e un’altra nel borsone dove custodiva anche decine di gioielli, alcuni con la targhetta della gioielleria di via dei Gracchi, e contanti. I militari del Nucleo investigativo di via In Selci, guidati dal tenente colonnello Lorenzo D’Aloia, lo stavano cercando da giorni. I sospetti si sarebbero concentrati sul pregiudicato 32enne di origini napoletane fin da subito. Da quando, rivelano fonti investigative, sono arrivati ‘in tempi record’ i primi risultati dei rilievi tecnici effettuati dai carabinieri del Ris che hanno isolato impronte digitali e tracce biologiche all’interno della bottega di via dei Gracchi e su un portagioielli che durante la fuga ha perso in strada. Ma l’uomo era riuscito a far perdere le sue tracce. Avrebbe spento il suo cellulare e lasciato la Capitale la sera della rapina. Per quattro giorni neanche la compagna e i familiari sembra abbiano avuto sue notizie. Ieri, però, il 32enne ha effettuato una telefonata da una cabina pubblica per contattare un suo amico di Latina, un pregiudicato. Nella conversazione gli avrebbe spiegato che era intenzionato a tornare a Roma per prendere alcune cose e poi ripartire. Così i militari del Nucleo investigativo hanno controllato con personale in borghese tutti i treni diretti nella Capitale e lo hanno localizzato su un convoglio partito da Caserta insieme al conoscente, rilasciato però in nottata perchè considerato al momento estraneo alla vicenda. A indagare sulla vicenda la II Sezione del Nucleo investigativo guidata dal maggiore Angelo Zito. Il 32enne è stato sottoposto a fermo ed entro domani dovrebbe arrivare la decisione sulla convalida. Nella sua borsa da viaggio gli investigatori hanno trovato decine di gioielli: anelli, bracciali e altri preziosi. Il valore è ancora da quantificare, ma potrebbe superare i 200 mila euro. Sequestrati anche una lente d’ ingrandimento e un calibro. Nella valigia ci sarebbero state anche diverse fiale di metadone. A quanto ricostruito, l’uomo frequentava spesso il quartiere Prati perchè la compagna lavora in un negozio della zona. Non si esclude che il presunto rapinatore dell’orefice abbia effettuato un sopralluogo nei giorni precedenti al ‘colpò e sono in corso accertamenti per verificare se possa essersi reso responsabile di altre rapine denunciate in quel quadrante della città. A complimentarsi oggi con gli investigatori il generale Angelo Agovino, comandante regionale dei carabinieri del Lazio. «Era un impegno morale che avevamo preso con i familiari della vittima e con i romani – ha dichiarato – È un risultato frutto di una perfetta sinergia tra la Procura della Repubblica di Roma e i Reparti investigativi dell’Arma, reso possibile da un apparato organizzativo di eccellenza e dal sacrificio di uomini che per quattro giorni e quattro notti hanno tralasciato famiglie e riposo, per dare risposta ad un delitto odioso che aveva scosso le coscienze ed allarmato i cittadini». Intanto, domani mattina, verranno celebrati i funerali del gioielliere in una chiesa a pochi passi dal suo negozio.

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